Quando i cromosomi danno i numeri

 

Siamo abituati a pensare al DNA come un lungo gomitolo di filo continuo. In realtà, il nostro manuale di istruzioni genetiche è organizzato in piccole porzioni: i cromosomi. Tutte le nostre cellule, tranne i gameti, ne possiedono 46. Un numero, questo, che è fondamentale per il corretto funzionamento dell’organismo.

Nelle cellule tumorali, però, ciò non succede: molti tumori sono infatti caratterizzati da un numero anomalo di cromosomi. È un’anomalia che può avere pesanti conseguenze nelle cellule non tumorali e molto spesso è incompatibile con la vita (basti pensare all’alta percentuale di aborti legata ad anomalie cromosomiche). Nei tumori invece l’anomalia è frequente e, anzi, potrebbe addirittura essere vantaggiosa per la sopravvivenza e la proliferazione della cellula cancerosa.

All’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), con il mio gruppo di ricerca, cerco di capire meglio questa particolare caratteristica del cancro andando alla ricerca di possibili vulnerabilità che potrebbero essere sfruttate in nuove terapie antitumorali.

Allo IEO sono arrivato lo scorso anno dopo una lunga esperienza al Massachusetts Institute of Technology (MIT) a Boston, negli Stati Uniti, dove ho cominciato a studiare cosa succede in una cellula quando i sofisticati e precisissimi meccanismi alla base della divisione cellulare non funzionano alla perfezione.

Nel caso del cancro, sappiamo ancora molto poco del perché le cellule tumorali abbiano spesso un numero di cromosomi diverso da 46.

Sappiamo per esempio che alcune anomalie sono specifiche di alcuni tumori (per esempio, nel glioblastoma c’è di frequente l’acquisizione di un cromosoma 7 e/o la perdita del cromosoma 10; oppure nel carcinoma renale ci può essere l’acquisizione del cromosoma 16 o 17), ma non è una regola generale: in molti tumori le anomalie sembrano del tutto casuali.

Quel che possiamo ipotizzare è che questi particolari assetti cromosomici, pur essendo anomali e non garantendo tutte le corrette funzioni alla cellula non tumorale, siano comunque in grado di fornire alle cellule cancerose un vantaggio proliferativo di cui esse hanno particolarmente bisogno in condizioni di stress. Per esempio potrebbero aiutare le cellule a riciclare componenti cellulari in mancanza di nutrienti.

Il nostro obiettivo è quindi comprendere e caratterizzare gli stress presenti in cellule non tumorali come conseguenza di errori nella divisone cellulare; il passo successivo sarà chiarire come le cellule tumorali siano in grado di sopravvivere a questo stress.

Si tratta di una ricerca il cui scopo è produrre nuove conoscenze sul funzionamento del cancro e che può avere importanti ricadute cliniche. Infatti puntiamo a identificare anche le caratteristiche molecolari associate alle anomalie cromosomiche tipiche delle cellule tumorali: queste caratteristiche potrebbero essere in futuro utilizzate come bersagli contro cui indirizzare nuovi trattamenti farmacologici.

  • Stefano Santaguida

  • Università:

    Istituto Europeo di Oncologia - IEO, Milano

  • Articolo pubblicato il:

    9 dicembre 2019