Tornare in Italia: una scommessa vinta

 

Quando ho deciso di tornare in Italia per lavorare a Reggio Emilia, dopo aver passato tre anni e mezzo a New York al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center,molti colleghi mi hanno preso per pazza.

Erano gli anni in cui stava partendo quella che qua chiamiamo l’avventura dell’IRCCS: l’ospedale si stava trasformando in un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico a vocazione oncologica e per farlo era necessario dotarsi di un laboratorio di ricerca.

Non c’era ancora quasi nulla, neanche i microscopi. Ma c’era bisogno di un biologo molecolare. Così ho deciso di accettare questa sfida: mi piaceva l’idea di contribuire a costruire qualcosa.

Da allora sono passati più di dieci anni e con il senno di poi posso dire che è stata una bella scelta e una scommessa vinta.

In questa vittoria un contributo fondamentale è venuto da AIRC.

Un paio d’anni dopo che ero tornata da New York ho partecipato a uno dei bandi AIRC dedicato ai giovani: un bando My first AIRC Grant (MFAG) che sostiene giovani scienziati che vogliono iniziare un percorso da ricercatori indipendenti. Grazie a quel finanziamento ho avuto la possibilità, prima di costruire il mio gruppo autonomo e poi di consolidare le mie linee di ricerca. I progetti sono andati bene. In seguito AIRC ha sostenuto un secondo progetto e poi un terzo. Nel frattempo sono arrivati finanziamenti da parte di altri enti, ma senza la scommessa che AIRC ha fatto all’inizio adesso starei probabilmente raccontando un’altra storia.

Qui lavoriamo soprattutto alla comprensione del rapporto tra genoma e cancro: cerchiamo di capire come la struttura dei geni e le loro funzioni si ripercuotono sulle patologie oncologiche.

L’ultimo dei progetti sostenuti da AIRC è sui tumori del seno e della tiroide. In particolare stiamo studiando il ruolo di uno specifico fattore di trascrizione, una di quelle proteine che sono responsabili dell’attivazione e dell’inattivazione di alcuni gruppi di geni, e che dunque orchestrano il modo in cui viene utilizzata l’informazione genetica.

Questo fattore di trascrizione, che studiamo da tempo e si chiama RUNX2, è implicato nella formazione sia della tiroide sia della mammella. Nell’adulto è inattivato, ma quando si sviluppano tumori a carico di questi organi si riattiva. Le cellule tumorali sono più aggressive e il tumore è a maggiore rischio di metastasi quando RUNX2 è riattivato. Il nostro obiettivo è capire nel dettaglio come funziona RUNX2 e ricostruire la rete di cellule e molecole con cui interagisce. Da un lato vorremmo trovare altri potenziali bersagli per nuove terapie, dall’altro con questi potenziali marcatori ci piacerebbe selezionare meglio i pazienti da indirizzare alla migliore terapia disponibile per ciascuno.

  • Alessia Ciarrocchi

  • Università:

    Azienda Unità Sanitaria Locale, Reggio Emilia

  • Articolo pubblicato il:

    7 febbraio 2019